Riccardo Perucolo, figlio di un muratore fu battezzato nella pieve di Zoppè, nei pressi di Conegliano, tra il 1515 e il 1520.
Non sappiamo in quale bottega abbia imparato il mestiere, Nel 1539 in un atto notarile è citato come “maistro pitore”. In una data imprecisata soggiorna a Venezia e qui conoscerà Antonia Voltolina, che gli porterà in dote 100 ducati e con la quale avrà quattro figli: Angelo Giovanni, Gedeone, Dario e Persilia. L’allargamento della famiglia andava di pari passo con il lavoro che non doveva certo mancargli visto che nel 1544 compera una casa in muratura nella quale rimarrà fino alla fine della vita.
La frequentazione di prete Montanaro, del suo cenacolo e la professione non nascosta delle idee luterane portarono al suo arresto il 25 maggio 1549. Le accuse furono mosse dal procuratore fiscale della diocesi, Giovanni Andrea Coronelli, dopo diverse segnalazioni di concittadini e in seguito al ritrovamento di diversi libri “scomodi” nella libreria del pittore. Poche settimane dopo sarà tradotto a Venezia e il processo davanti alla Santa Inquisizione inizierà l’11 giugno nella chiesetta di San Teodoro e si protrarrà per quattro udienze dove verranno discusse le sue idee come: ad esempio l’utilità del sacrificio eucaristico durante la messa poiché “l sacramento de altar è un signo et che l’hostia consecrata è un pezo de pasta et che l’è comemoration de la pasion de Christo solamente, perché Christo è in cielo e non in questa hostia”.
A Riccardo Perucolo sono stati attribuiti una serie di graffiti ritraenti una Crocefissione, una Madonna con Bambino e san Sebastiano, scoperti sotto l’intonaco della cella numero X nei Pozzi di Palazzo Ducale a Venezia, anche se la sua paternità resta molto dubbia.
L’11 luglio 1549 Riccardo Perucolo e Nicolò dalle Monache pronunciano e sottoscrivono i propri atti di abiura, con promessa di astenersi da tali errori.
Inoltre dopo che saranno ricondotti a Conegliano dovranno fare pubblica abiura e presenziare alla messa (per 18 mesi Riccardo e 12 Nicolò) con una corda al collo in segno di umiltà, rimanere confinati a Conegliano fino alla fine della pena e pagare le spese processuali.

Una volta scontata la pena la vita di Riccardo per un periodo di tempo ha ripreso a scorrere normalmente, ma era tenuto sott’occhio da parte del Vescovo di Ceneda che nel 1567 venne accusato di aver coperto la fuga in Moravia dell’anabattista Alessio Todeschi, di essere ricettatore di eretici e di possedere alcuni testi del vescovo apostata Pietro Paolo Vergerio.
Venne incarcerato nel Castello di Conegliano. Eludendo la sorveglianza, due figli del pittore lo fanno fuggire di prigione ma purtroppo vennero riconosciuti e presi tra le gole del Cadore da un manipolo di soldati.
I figli non vennero accusati, Riccardo invece venne ricacciato in prigione e il 19 febbraio confessa i reati di cui è accusato e chiede che gli sia concessa la comunione; il 21 febbraio i giudici scrissero “Giudichiamo, sentenziamo e dichiariamo te, Riccardo Perucolo pittore, spergiuro, sacrilego, scomunicato, e per gli errori predetti” lo condannarono al rogo.